Dic 08

A Santa Lucia Arancine e Cuccìa




luciaIl calendario gregoriano il tredici dicembre festeggia il giorno del martirologio di Santa Lucia, la Vergine siracusana protettrice degli occhi, la data di questa giornata, anticamente corrispondeva al venticinque dello stesso mese, lo sfasamento fra l’anno solare e il calendario giuliano e quello tropico, fu la causa di questo zibaldone, esso infatti coincideva con il più corto periodo di luce dell’anno.

Un vecchio proverbio contadino dice che “Santa Lucia è lù jurnù chiù curtu cà ci sia”.

In questa giornata si apre il periodo del lento incremento della luce diurna e annuncia la fine dell’oscurità invernale, esso è l’equivalente del detto: “Santa Lucia la cchiù longa nuttata chi ci sia”.

Lo stesso nome Lucia, rappresenta il femminile di Lucius (Lucio) che significa “promessa di luce”, questo nome a dato la possibilità al popolo di invocarla come protettrice della vista e della sanità degli occhi.

Fra le leggende agiografiche scritte per esaltare la Santa per una falsa analogia del suo nome foneticamente vicino alla parola luce, c’è ne una che narra che essendosi innamorato dei suoi occhi un giovane del luogo, Lucia, ligia al dettame del Vangelo dove una frase scritta da Matteo si pronuncia: se i tuoi occhi suscitano peccato, strappali e buttali via, si strappo gli occhi e li mandò in dono al giovane innamorato.

Di notte, andò a trovarla al capezzale del suo letto Gesù che la guarì dalla cecità rimettendole nelle orbite gli occhi, più belli e più dolci di prima.

Ad essa si raccomandano coloro che temono le affezioni della vista, i miracolati di qualsiasi località della Sicilia in cui abitano, in questo giorno anticamente offrivano ex voti di cera, nel nostro tempo impreziositi con metallo d’argento, che rappresentavano l’organo di questo senso.

La Santa, patrona di Siracusa di cui a dato i natali e, anche protettrice di Santa Lucia del Mela, venerata in diversi paesi delle diocesi della Sicilia ed in particolare di quella palermitana.

Morì nel 304 a Siracusa martirizzata sotto la persecuzione di Diocleziano, la sua tortura durò parecchio tempo, scemata dalle forze, spirò nella sua cella che non riuscì mai a lasciare tranne per essere straziata, il suo culto, fin dall’antichità si diffuse in quasi tutta la Chiesa cristiana e il suo nome iscritto nel Canone romano, probabilmente da Gregorio Magno papa palermitano.

Sovente nelle sue immaginette votive la santa è rappresentata con in mano un piatto, su cui sono posti i suoi occhi, strappatigli dai carcerieri, ma negli atti della sua vita attualmente esistenti non viene mai menzionata una simile tortura.

Ricchi di significato espressivo appaiono anche la palma, simbolo del martirio e la lampada, metafora della luce.

cuccia

A Palermo, in questo giorno in cui si celebra la Vergine siracusana, si ricorda un vetusto avvenimento, in cui la Santa, implorata dai palermitani, esaudì facendo arrivare nel porto un bastimento carico di grano.

I palermitani stretti nella morsa della fame da diversi mesi di carestia, non molirono il grano per farne farina, ma lo bollirono, per sfamarsi in minor tempo, aggiungendogli soltanto un filo d’olio, creando così la “cuccia”.

Da quella volta i palermitani specialmente in ambito popolare, ogni anno per devozione ricordano solennemente l’evento, rigorosamente ricorrono all’astensione per l’intera giornata dal consumare farinacei, sia pane che pasta, si preferisce mangiare riso, legumi e verdure, questi ultimi due alimenti ci riferisce il Pitrè anticamente in questo giorno erano le ragazze palermitane che per venerazione se ne cibavano e non doveva mancare la “cuccia”, questa tradizione era dovuta alla preservazione degli occhi incantevoli.

A questa devozione i palermitani la riportano ad un vecchio motto: “ Santa Lucia, pani vurria, pani nu nn’haiu, accussi mi staju” (Santa Lucia vorrei del pane che non ho allora digiuno sto)

panelleria4All’occasione quasi tutti i panifici della città rimangono chiusi e, a predominare sul territorio rimangono le numerose friggitorie sia quelle stabili che quelle ambulanti che con i loro particolari trabiccoli raggiungono in ogni angolo gli avventori che per l’occasione diventano tormentosi con frequenti irruzioni dove possono cibarsi di “panelle di ceci” e di “crocchè”, è il loro giorno trionfale, un tempo, si facevano soltanto nei giorni che precedevano e seguivano questa festività e, nelle molteplici pasticcerie.

Quest’ultime, dai locali monasteri hanno tramandato l’uso di utilizzare l’antica “cuccia” che condita con crema di ricotta e cannella o con scaglie di cioccolata, si è trasformata in uno squisito dolce che viene prodotto solo esclusivamente il tredici dicembre.




santalucia5Dolce da gustare dopo una gran scorpacciata di “Arancine” realizzate con il classico ingrediente a base di riso e, principalmente farcite da un concentrato di ragù con carne tritata e pisellini.

Per i sofferenti di stomaco la bella pallottolona di riso, simile ad una grossa arancia, la preferiscono imbottita da una manciata di burro, il tempo e il gusto a fatto sì che anche questa pietanza si aggiornasse con nuovi elementi tra cui le verdure e non a caso più delle volte sono gli spinaci a infarcire questa gustosa ghiottoneria.

A pranzo solitamente i palermitani per non mangiare la pasta si rifanno al riso che viene consumato a “minestra” con l’associazione di “sparaccieddi”, che comunemente gli italici chiamano broccoletti o “riso alla palermitana” dove il “timballo” è riempito da melanzane che la fanno da padrone, ma il periodo non sempre è favorevole, alcuni ricorrono a quelle conservate o quelle che oggi vengono coltivate nelle serre.

santalucia8Il riso a volte e anche l’ingrediente principale per preparare il “Grattò”, o timballo di riso semplicemente spolverato con formaggio e farcito con piselli, formaggio e prosciutto, ma a Palermo da antica data, lo sformato che sempre grattò o gatò si chiama ha una variante realizzata con patate bollite e rese a “purea” farcito lesse farcito con carne trita, e formaggi caciocavallo o tuma, associate a insaccati locali.

Anche le patate hanno un ruolo importante in questa giornata, esse dopo essere preparate a “purèa” con l’aggiunta di ingredienti poveri si ottengono le “Crocchè”, in gergo chiamati “Cazzilli”, il cui significato è facile arguire !

Ma è la semplice patata bollita che solitamente viene comprata dal fruttivendoli già cotta in pentoloni di rame fumante ad essere allestita all’insalata con cipolla arrosto, fagiolini bolliti, olio sale e un pizzico di pepe nero.

La “cuccia”

Tuttavia per questo giorno tutti aspettano la cuccia, creata e confezionata secondo tradizione,ma di questa tradizione rimane soltanto l’uso di consumarla da parte dei palermitani che per “manciunaria sono fatti o tuornu”, la questione della carestia durante la dominazione spagnola di sicuro non corrisponde a verità storica, comprata nelle pasticcerie o preparata a casa acquistando giorni prima il grano sfuso o confezionato da aziende agroalimentari.

Il nome stesso “cuccia” viene da un trascinamento del sostantivo “cocciu” cioè chicco, o dal verbo “cucciari”, vale a dire mangiare un chicco alla volta.
Difatti la sua preparazione è quasi un rito nelle famiglie siciliane e palermitane in particolare, una antica consuetudine che ci perviene dall’ormai scomparso mondo contadino che in periodo di mietitura, i chicci di grano raccolti venivano lessati e mangiati sul posto nei momenti di pausa.

Una pietanza sicuramente molto antica che i nostri conquistatori musulmani ci hanno tramandato e, se facessimo un confronto con alcune città arabe come: Tunisi o città del Cairo dove è ancora fattibile assaggiare, ancora in data odierna una pietanza Kech o Kesh, consistente da grano bollito addolcito da latte di pecora o di cammello associato a vaniglia e cannella.
Bisogna ammollare il frumento per tre giorni in acqua fredda e cambiando questa continuamente, prima di cucinarlo.

La sera prima della festa, finalmente si metterà il frumento a cuocere in un tegame, coperto d’acqua con un pizzico appena di sale.
Scolato bene verrà addolcito con crema di ricotta, scaglie di cioccolata e frutta candita a pezzetti e la scorretta d’arancia o con “mouse” di cioccolata oppure con una crema di latte, così preparata veniva offerta a chi fa la devozione alla Santa, ai familiari, ad amici e ai vicini di casa.

Anticamente quando era semplicemente lessata, le briciole si lasciavano sui tetti per essere catturati dagli uccellini.
In questa tipo di manicaretto si elogia la qualità di questo cereale: il frumento ed i suoi derivati che negli antichi cerimonie ancestrale c’è anche quello della “cuccia”.




Nov 17

A Palermo dal 15 al 18 dicembre il Festival Internazionale del cibo di strada





sfoodfest1Il Cibo di strada di tutto il mondo protagonista a Palermo con lo Street Food Fest. La rassegna internazionale del cibo di strada, animerà il capoluogo siciliano dal 15 al 18 dicembre prossimi, con street fooder provenienti da tutto il mondo.
La città, già capitale europea dello street food e candidata a capitale mondiale, ospiterà il primo Festival Internazionale del cibo di strada, un villaggio gastronomico in cui assaporare le migliori specialità di street food provenienti da tutto il mondo, preparate davanti al pubblico dai più grandi chef locali e internazionali. Cooking show, laboratori per grandi e piccini, dibattiti, visite guidate e tanto altro accompagneranno il viaggio alla scoperta del cibo da strada. Il percorso sarà animato da concerti di grandi nomi della musica italiana ed esibizioni di artisti emergenti, accompagnati da momenti teatrali e spettacoli con artisti di strada.
A organizzare l’evento, voluto dal Comune di Palermo – Assessorato alle Attività Produttive, la società siciliana AdMeridiem con il patrocinio dell’Università degli studi di Palermo e il corso di Studi in Scienze e Tecnologie Agrarie, Confindustria, Confesercenti, Federalberghi, Confartigianato, CNA, LegaCoop, Casa Artigiani, Libera Terra, ITIMED Associazione Culturale Itinerari del Mediterraneo, IDIMED Istituto per la Promozione e Valorizzazione della Dieta Mediterranea.
Si tratta di un altro successo dell’azienda che pochi mesi fa ha animato il centro storico di Palermo con Sherbeth, Festival Internazionale del gelato artigianale.

«A conferma dell’impegno dell’Amministrazione per il rilancio dell’attrattività commerciale e turistica del centro cittadino, arriva un Festival che si preannuncia quanto mai “gustoso” e ricco di ospiti internazionali e che ancora una volta rilancerà l’immagine di Palermo come polo di attrazione.
Ci aspettiamo, così come è stato per lo Sherbet Festival, che migliaia di palermitani e turisti visitino questa manifestazione, gustando del buon cibo e godendo di una variegata programmazione culturale e di intrattenimento – ha dichiarato il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando – La vasta rete di collaborazioni con enti pubblici e privati a corollario di questa manifestazione è ancora una volta la conferma del fatto che insieme si può rilanciare l’economia, valorizzando le nostre tradizioni e coinvolgendo le nostre eccellenze in tutti i campi», ha concluso il Sindaco Orlando.

Anche in questo caso il calendario sarà ricco di eventi. In programma un percorso di degustazioni in cui si rivivranno le tradizioni gastronomiche da tutto il mondo, ma anche musica, convegni e proposte di lettura sul protagonista indiscusso della quattro giorni: il cibo di strada.
Direttore Tecnico di produzione Francesco Lelio, noto chef interprete del cibo di strada palermitano.
La direzione scientifica sarà guidata dall’Università degli Studi di Palermo e in particolare dal Professore Paolo Inglese, coordinatore del corso in Scienze e Tecnologie AgroAlimentari di Unipa. Con loro anche Fabrizio Carrera direttore di Cronache di Gusto, media partner dell’evento, Nino Aiello giornalista del Gambero Rosso e Gaetano Basile, giornalista ed esperto di tradizioni siciliane.
«Si prospetta un grande evento con street food da ogni parte del mondo – ha affermato Piergiorgio Martorana, organizzatore dell’evento con Davide Alamia- Cibo, cultura e tradizioni di vari popoli si incontreranno nel capoluogo siciliano per quattro giorni di festa con degustazioni, intrattenimento e momenti di approfondimento», ha concluso Martorana, Amministratore unico di AdMeridiem.
Tra le esposizioni in programma, prevista anche quella di vino e di ottime birre artigianali.



Ott 07

A Palermo il 2 di Novembre si festeggiano i defunti ! Ma giorno 1 si comincia…ecco perché…

E’ tradizione palermitana (Palermo è l’unica città d’Italia dove si festeggiano i defunti…) secondo la quale, per la festa dei morti, i genitori regalavano ai bambini dolci e giocattoli, dicendo loro che erano stati portati in dono dalle anime dei parenti defunti.
imorti1Di solito per i maschietti erano armi: pistole a tamburo con tanto di fodero o fucili con il tappo che era attaccato tramite un laccio, ispirati a modelli western; c’erano pure costumi da indiani /quelli d’America) con archi e frecce.
Queste ultime avevano una ventosa che non si attaccava mai, se non si inumidiva con una “liccata” della lingua.
Per le bimbe: bambole ricciolute, passeggini, assi da stiro, fornelli e pentolame. I più facoltosi regalavano tricicli e biciclette fiammanti.
Al mattino miracolo! Bisognava trovare il regalo nascosto in un punto insolito della casa, nella notte tra l’1 e il 2 novembre.
La sera prima si nascondeva la grattugia perché si pensava che i defunti, a chi si fosse comportato male, sarebbero andati a grattare i piedi !!!
La festa ha un origine e un significato che si collegano certamente ad antichi culti pagani e al banchetto funebre, un tempo comune a tutti i popoli indo-europei, di cui si ha ancora un ricordo nel “consulu siciliano” (era il pranzo che i vicini di casa offrivano, dopo che il defunto era stato tumulato, ai parenti che avevano trascorso).
E’ stato osservato che il significato della strenna dei morti è duplice: offerta alimentare alle anime dei defunti e offerta simbolica, nei dolci a forma umana, come assicurazione alle anime dei defunti in maniera che, cibandosi di essi, è come se ci si cibasse dei trapassati stessi.
Celebri tra questi dolci sono quelli antropomorfi, cioè a forma umana, quali “i pupi ri zuccaru” detta Pupaccena: una statuetta cava fatta di zucchero indurita e dipinta con colori leggeri con figure tradizionali (Paladini, ballerini ed altri personaggi del mondo infantile) o di pasta di miele o i biscotti detti “ossa ri muortu”.
Al mattino si impone la tradizionale “muffulietta”, un tipo particolare di pane (spugnoso e morbido) con poca mollica che si “conza” (si prepara) con OLIO, ACCIUGA, ORIGANO, SALE E PEPE con la variante del POMODORO fresco.imorti2

I frutti di martorana, fatti con pasta di mandorle e poi dipinti, sono spesso vere opere d’arte per la straordinaria somiglianza a quelli veri: nespole, castagne, pesche, fichidindia, arance e tanti altri che riempiono, associati al “misto” (u ruci mmiscu): il dolce misto fatto da rimasugli di biscotti impastati una seconda volta, bianco per la velatura di zucchero e marrone per la presenza di cacao.
U CANNISTRU, con frutta secca, fichi secchi e datteri e che riempie la base , la martorana e i biscotti, ‘a MURTIDDA e il tutto sormontato dalla Pupaccena.
Per renderlo più scintillante bastava aggiungere dei cioccolattini con carta stagnola e filamenti di carta di diversi colori.
Evidente che, nel tempo, a queste strenne in dolci si sono andati via via aggiungendo altri regali, trasformando un culto che affondava le sue radici nel mondo pagano in una vera e propria festa.
E’ da tener presente che nella provincia di Palermo, dove fino a qualche anno fa non esisteva ancora l’usanza di scambiarsi doni in occasioni delle feste di Natale, la tradizione si è mantenuta più viva che in altri luoghi della Sicilia.
Anticamente il due novembre, giorno della commemorazione dei defunti,quando ancora non erano in uso i cimiteri, i palermitani andavano nelle varie cripte della città per rivisitare i propri defunti: lavarli, pettinarli, rivestirli ed esporli per l’anno successivo.
Una tale usanza è ancora visibile in quanto la Grande Cripta dei Cappuccini che ospita 8000 corpi imbalsamati è tuttora visitata nel giorno della commemorazione dei defunti.
La Fiera dei Morti a Palermo, una sorta di mercatino di giocattoli e lecornie varie, fino a qualche anno fa si svolgeva presso il rione S.Pietro, alla Cala ma, originariamente, veniva svolto all’ Olivella, subito dopo Piazza Massimo, ma anno dopo anno cambia “zona”: variopinte bancarelle offrono ai vari visitatori nonché ai genitori l’opportunità di potere acquistare giocattoli, vestiario, dolciumi di ogni genere per preparare il tradizionale “Cannistru”.