Gen 07

Gastronomia: il Tonno alla base dell’alimentazione palermitana “A tunnina”

Nel gergo palermitano la “tunnina” si riferisce alla femmina del tonno, con carni di maggior pregio rispetto al maschio, Il tonno che arriva nel Mediterraneo è considerato il migliore in senso assoluto.

Il suo nome deriva dal latino “thunnus thynnus” (tonno rosso).

Nel momento in cui sentono arrivare la primavera, i tonni abbandonano il loro habitat, (generalmente vivono nell’oceano Atlantico, intorno alla Scandinavia e all’Islanda) discendendo verso le Canarie e le Azzorre e arrivano nel Mediterraneo dirigendosi verso la Sardegna e la Sicilia per deporre le uova.

Da millenni si ripete questo ciclo, a partire dai primordiali insediamenti umani (ne sono testimonianza le pitture rupestri dell’isola di Levanzo). Lo capirono i greci che ne organizzarono la pesca con metodo particolare, messo a punto dagli arabi qualche secolo dopo.

Con un ingegnoso labirinto di reti inventarono la “mattanza”, paragonata da qualcuno alla corrida. Un momento di grande emozione per il “rais”, il capo, in arabo e, per i tonnaroti che aspettano tutto l’anno, quando i tonni ormai intrappolati nella “camera della morte” si dibattono nell’inutile e disperato affanno alla vita. L’acqua ribolle impetuosamente di spuma e sangue, mentre gli uomini con fredda determinazione arpionano la preda con grossi uncini.

Non si è perso con il passare del tempo quel rituale caratteristico che si è tramandato fino a oggi.

I canti e le preghiere, la “cialoma”, un misto di arabo e dialetto siciliano, che i pescatori eseguono durante la pesca, non solo infondono coraggio e forza, ma sollecitano l’aiuto di Dio per una pesca copiosa.
Collocate lungo i percorsi d’andata, le tonnare della costa del palermitano, in cui la pesca si concentrava nei mesi di maggio e giugno, venivano calate nel giorno di San Filippo Neri (26 maggio), e nei marfaraggi di Mondello, Vergine Maria, Arenella, Solunto e Sferracavallo vi era un gran da fare.

Oggi la corsa dei tonni si è modificata poiché il loro avvicinamento alla costa per la riproduzione non avviene più per via dell’inquinamento e degli scarichi urbani.

L’abbondante pesca dei grossi tonni, neri e lucenti, si riversava nei banconi di marmo bianco dei nostri mercati e facevano bella mostra di sé con uno splendido garofano rosso in bocca. E, nel periodo di maggiore abbondanza, la tonante la voce del pescivendolo richiamava gli acquirenti con la tipica “abbanniata”: scalò a tunnina, riferita appunto al suo prezzo ridotto.

Il tonno resta comunque uno dei pesci di maggior consumo dell’isola, il piatto più sostanzioso delle popolazioni costiere, tanto che viene definito “la carne dei poveri”.

Il sapore forte e la consistenza dei tessuti, compatta e piena di sangue, giustifica appieno questa definizione.

I grossi bestioni marini, definiti anche “maiali del mare”, vengono addirittura appesi per la coda agli uncini che i macellai usano per la carne, tagliati verticalmente lungo la lisca e sfruttati razionalmente in ogni loro parte.

Difatti si utilizzano perfino le spine e le parti ossee per ricavarne la colla di pesce, con le sue interiora, si riempie un budello per preparare una specie di salame secco, molto pepato, chiamato “ficazza cu i’ spezie”.
Si salano le sue uova per ricavarne la “bottarga” , una sorta di “caviale mediterraneo”, che grattugiata su un piatto di spaghetti gli darà un sapore unico. Il cuore, la ventresca e la surra diverranno degli ottimi antipasti.

Nelle cucine del palermitano, i tocchi di pesce vengono cucinati allo stesso modo della carne in genere: i tocchi rosolati sono immersi nell’estratto per fare un buon ragù con cui condire la pasta; si tagliano a fette da arrostire sulla brace o da friggere in padella con la cipollata; si avvolgono a rollò (tonno bianco), imbottiti d’aromi e pangrattato; si dispongono in teglia conditi a sfincione con pomodoro, cipolla e origano.

Il lattume (latte di pesce che si trova nei maschi nel periodo della frégola e con la quale si fecondano le uova), si taglia a fettine e si frigge impanato, o si mette sotto sale, o se n’acquista un tocco intero per bollirlo condito con olio, limone e prezzemolo.

Per la conservazione a breve, i greci e i romani, che n’erano gli specialisti, inventarono la “vugghiuta” (bollita).
Quell’antica vugghiuta, chiusa in scatolette con l’aggiunta d’olio d’oliva, fu la scoperta per eccellenza, che la famiglia Florio all’inizio del XX secolo diffuse in tutto il mondo: il tonno sott’olio !
I buongustai sostengono che a differenza d’ogni altro pesce con il tonno non va bevuto un vino bianco, poco adatto al gusto robusto, ma un pastoso vino rosso o un vino rosé.

LA RICETTA:TONNO AL RAGU’

Ingredienti:
Un tocco di circa 1 kg di tonno, due o tre spicchi di aglio, un mazzetto di menta, sugo di pomodoro fresco (preparato in precedenza con 2 Kg di pomodoro), una cipolla, olio, pepe, due foglie di alloro.

Preparazione:
Praticate nel tonno, con un coltello appuntito, dei piccoli fori e introducetevi pezzetti d’aglio e di menta, rosolatelo in tegame con l’olio. Nell’olio rimasto fate soffriggere la cipolla e aggiungetelo alla salsa di pomodoro, preparata a parte, assieme alle foglie d’alloro. Condite con pepe, aggiungete il sale q.b. e lasciate insaporire a fuoco moderato per circa un’ora.
Se lo si desidera, si possono aggiungere dei piselli, lessati a parte, per poi condire la pasta o preparare, con dei piccoli pezzetti di tonno, una salsa in cui inzuppare il pane.